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Le dichiarazioni di Carmine Schiavone risalenti al 1997 certificano le evidenze emerse in questi vent’anni di inchieste condotte da giornalisti e associazioni ancor prima che da magistrati e forze dell’ordine: in Campania e in altre regioni del Mezzogiorno i cittadini vivono – e purtroppo muoiono – sopra una montagna di rifiuti speciali e tossici interrati dalle mafie. La decisione di togliere il segreto di stato al documento della Commissione ecomafie interrompe finalmente l’omertà politica e istituzionale che ha sempre caratterizzato il tema della gestione del ciclo illegale (e spesso legale) dei rifiuti da parte della camorra. Le parole del collaboratore di giustizia confermano, qualora ce ne fosse bisogno, la diffusione territoriale del fenomeno, le enormi responsabilità di politici, imprese e organizzazioni criminali che sono dietro l’avvelenamento di vaste porzioni di territorio, nel Mezzogiorno e non solo.

Per tante aziende lungo lo Stivale, a cominciare dalle grandi industrie del Nord, l’interramento e l’incenerimento a cielo aperto di scorie tossiche in luogo di un processo di trattamento ben più costoso, ha rappresentato una ghiotta opportunità di profitto illecito. Così oggi le istituzioni repubblicane che lo hanno (scientemente?) consentito devono fare i conti con un boomerang in termini di costi ambientali, sanitari ed economici. Come sempre, il profitto di pochi è finanziato dalla collettività, con l’aggravante che stavolta alcuni territori e migliaia di persone stanno pagando con la vita.

In questo scenario la politica deve uscire dal silenzio e battere più di un colpo deciso, mostrando di comprendere la portata nazionale del problema e rimodulando la scala delle priorità in virtù del grido d’allarme che giunge dalle province di Napoli e Caserta.

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Con un emendamento al DL Istruzione abbiamo chiesto e ottenuto un intervento sulle somme confiscate alle mafie, prevedendo che il 3% di queste sia destinato al finanziamento di nuove borse di studio. L’approvazione alla Camera rappresenta una grande vittoria per l’antimafia, e tiene insieme due punti qualificanti dell’azione politica: il contrasto ai clan e il diritto allo studio. Abbiamo raccolto la proposta elaborata dall’associazione antimafie daSud, condivisa e supportata da tanti movimenti studenteschi, e fatto in modo che fosse approvata. Anche così dimostriamo un binomio inscindibile: non ci può essere antimafia senza formazione, né formazione senza antimafia.

Attualmente tutte le somme confiscate alle mafie sono destinate al fondo unico della Giustizia, che a luglio 2013 disponeva di 947 milioni di euro, di cui 72,7 milioni di euro da versare al Ministero dell’Interno – spiega la deputata di Sel – Con il nostro emendamento il 3% di questi fondi saranno destinati al diritto allo studio, in modo da cancellare una volta per tutte la figura vergognosa dell’idoneo non beneficiario. Il denaro servirà al finanziamento dei servizi per gli studenti: contributi affitto, mense, mobilità oltre a diventare nuove borse di studio.

Vigileremo affinché il Senato confermi la decisione dell’aula di Montecitorio – conclude la deputata Celeste Costantino – Stiamo inoltre depositando una proposta di legge per destinare anche gli immobili, confiscati alle mafie, agli enti regionali per il diritto allo studio: potrebbero diventare residenze per gli studenti fuorisede, open space per attività universitarie e accademie specializzate.

Articolo

‘Ndrangheta, intercettazioni (non ancora trascritte) del Processo Meta dimenticate sul traghetto

Puo’ succedere che quattro fascicoli contenenti intercettazioni non ancora trascritte di telefonate, addirittura gli originali, riguardanti un processo di ‘ndrangheta siano dimenticate su un traghetto che collega Messina e Reggio Calabria? Una storia così paradossale può accadere solo in Italia.
Sinistra Ecologia Libertà con un’interrogazione, primi firmatari i deputati Sergio Boccadutri e Celeste Costantino, ha chiesto l’intervento del ministro della Giustizia Cancellieri, perché il materiale probatorio – relativo a un delicato processo alle cosche interessate all’inflitrazione nel nord Italia – non può essere trattato così, e la vita di chi porta avanti le indagini contro le mafie non può essere messa a repentaglio in questo modo.

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