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Odg al DL Irpef per l’introduzione del reddito minimo garantito in Italia

La Camera,
premesso che:
l’articolo 1 del provvedimento in esame prevede la riduzione una tantum del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati, mentre dal provvedimento sono esclusi disoccupati, incapienti, pensionati e partite Iva;
il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato il 16 maggio scorso che: «gli sgravi Irpef per incapienti, partite Iva e pensionati arriveranno nel 2015»;
gli ultimi rilevamenti dell’Istat ci hanno restituito ancora una volta un’immagine drammatica: sono più di 3 milioni le lavoratrici e i lavoratori precari, la disoccupazione ha superato la soglia inaudita del 13 per cento, con punte che sfiorano il 45 per cento tra le e i più giovani; in breve, la sussistenza stessa di milioni di persone è messa a repentaglio dalla spirale crisi-austerità;
si deve dunque giungere finalmente anche in Italia alla predisposizione, proprio contro la crisi e anche in chiave anticiclica e antirecessiva, di un meccanismo a garanzia del reddito di tutte le residenti e i residenti. Ci si deve concentrare nell’azione di governo sulle drammatiche condizioni materiali della vita delle persone e sulla necessità e l’urgenza di risposte immediate in questo senso;
il modello da seguire sono gli schemi di tutela del reddito presenti nella maggior parte dei Paesi europei; esso deve essere rispettoso delle indicazioni in materia del Parlamento europeo, e prevedere un sostegno ai soggetti disoccupati, precariamente occupati o in cerca di prima occupazione pari ad almeno 600 euro mensili, oltre ad integrazioni in beni e servizi a carico delle Regioni;
si tratterebbe di una misura simile in sostanza a quelle già adottate in Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. Salvo che in Italia e in Grecia infatti, misure di legge contro la povertà sono presenti in tutta Europa. Già nel 1992 il Consiglio europeo aveva invitato gli stati membri ad adeguarsi a chi aveva già introdotto il reddito di base tra le proprie politiche di welfare e la raccomandazione 92/411 di fatto impegnava gli stati ad adottare misure di garanzia di reddito;
la situazione europea è la seguente:
in Belgio viene elargito il Minimax, una rendita mensile di 650 euro, rilasciata a titolo individuale, a cui può avere accesso chiunque;
in Lussemburgo abbiamo il Revenu Minimum Garanti, un reddito individuale che si aggira intorno ai 1.100 euro e che si ottiene fino al raggiungimento di una migliore condizione economica (in altre parole, finché non si trova un impiego stabile);
in Olanda esiste il Beinstand, rilasciato a titolo individuale, che si accompagna a tutta una serie di sostegni per affitti, trasporti e accesso alla cultura. Esiste inoltre un’altra forma di reddito minimo di 500 euro, il Wik, garantito agli artisti per poter permettere loro di creare in libertà senza troppi oneri economici;
in Austria c’è il Sozialhilfe (letteralmente «aiuto sociale») affiancato a diverse coperture delle utenze quali elettricità, gas e affitto ed altri aiuti economici per il cibo;
in Norvegia viene chiamato «reddito di esistenza» (che già nel nome si presenta significativo): si tratta di un versamento mensile di 500 euro, elargito individualmente, che si integra a coperture dell’affitto e dell’elettricità;
in Germania esiste l’Arbeitslosengeld II, rilasciato a tutti coloro, di età compresa tra i 16 e i 65 anni, che non hanno un lavoro o appartengono a fasce di basso reddito. Si tratta di una rendita mensile di 345 euro, che di per sé non è elevata, ma si integra alle coperture dei costi di affitto e riscaldamento. Questa rendita inoltre è illimitata nel tempo e viene garantita non solo ai cittadini tedeschi, ma anche agli stranieri con regolare permesso di soggiorno;
in Gran Bretagna, paese precursore per quel che riguarda il sostegno al reddito, sono garantiti diversi interventi che permettono ai meno abbienti di poter avere un tenore di vita discreto. L’Income Based Jobseeker’s Allowance è una rendita individuale illimitata nel tempo, che varia dai 300 ai 500 euro, rilasciata sempre a titolo individuale a partire dai 18 anni di età a tutti coloro i cui risparmi non raggiungono i 12.775 euro. Viene inoltre garantita la copertura dell’affitto (Housing benefit) e vengono rilasciati assegni familiari per il mantenimento dei tigli. Sempre per quanto riguarda i figli e la loro educazione c’è l’Education Maintenance Allowance, un sussidio rilasciato direttamente ai ragazzi per coprire le spese dei loro studi. Infine c’è l’Income Support, un sussidio di durata illimitata, garantito a chi ha un lavoro che ammonta a meno di 16 ore settimanali;
in Francia, il Revenu Minimum d’Insertion o Rtni è stato adottato dal 1988, si ottiene dai 25 anni in su e consiste in un’integrazione al reddito di circa 425 euro se si è single, 638,10 euro se si è in coppia, 765,72 euro se la coppia ha un figlio, 893,34 euro se ne ha due, più 170 euro per ogni altro figlio. Le coppie con almeno un figlio hanno diritto poi alle Allocations Familiales, valide lino al compimento del 21o anno di età del figlio. Per ogni nato, bimbo adottato o in affido c’è la Prestation d’Accueil du Jeune Enfant (Paje), che varia dai 138 ai 211 euro mensili. Sempre per ciò che riguarda i figli, alle famiglie con bimbi o ragazzi in età scolare e che non superano ima determinata fascia di reddito, viene assegnata l’Allocation de Rentrée Scolaire, un sussidio di circa 247 euro destinato all’acquisto del materiale scolastico. Per poter beneficiare dei contributi sugli affitti basta poi dimostrare che l’appartamento in cui si vive sia proporzionato al numero degli abitanti. Si possono inoltre ottenere prestiti sociali per la ristrutturazione della propria abitazione anche se si è affittuari;
nel nostro Paese si spende solo lo 0,61 per cento del Pil per il contrasto alla disoccupazione, contro una media europea del 2,2 per cento. Allarmante è il tasso di copertura dei giovani disoccupati (sotto i 25 anni di età): 0,65 per cento contro 57 per cento di Gran Bretagna, 53 per cento di Danimarca e 51 per cento del Belgio. Per famiglia e infanzia si spende solo l’1,1 per cento del Pil contro una media del 2,4 per cento in Europa;
questi dati dimostrano ancora una volta come il nostro Paese non tenga minimamente in conto il futuro, i giovani disoccupati e i ragazzi che affrontano la scuola;
l’inserimento del reddito di base tra le politiche di welfare è un investimento sul futuro, una garanzia di libertà per i cittadini poiché ha come vantaggio la riduzione del condizionamento nella scelta del lavoro, favorendo così la qualità del lavoro stesso. È d’obbligo sottolineare come questo principio venga applicato con dei paletti: in Europa abbiamo infatti casi di reddito minimo garantito condizionato, ovvero legato a precisi requisiti quali l’obbligo di accettare un’offerta lavorativa adeguata, oppure l’appartenenza ad una particolare fascia di reddito o d’età;
il Rapporto Istat 2014 del maggio scorso denuncia che l’Italia è tra i Paesi europei con la maggiore disuguaglianza nella distribuzione dei redditi primari;
in Italia, tre proposte, in forme diverse, sono state avanzate nel 2013 dal Movimento 5 stelle, dal Partito democratico e da Sinistra ecologia e libertà;
prima di allora ad affrontare in Parlamento l’adozione di uno strumento simile al reddito minimo garantito era stato, nel 1998, il Governo Prodi, con l’introduzione del Reddito minino d’inserimento, una misura che prevedeva, in alcuni comuni italiani, in via sperimentale, integrazioni economiche e programmi di reinserimento personalizzato. Un progetto terminato nel 2004 e non rinnovato dall’allora Governo di centrodestra. Quello stesso anno nella Finanziaria il governo Berlusconi creò il «Reddito di ultima istanza», che doveva rappresentare una legge «generale di contrasto della povertà». Le misure attuative però rimasero poco chiare e la Corte costituzionale mise fine al progetto, sempre nel 2004, ritenendo illegittime alcune disposizioni presenti nel testo;
al beneficiario del reddito minimo garantito dovranno essere proposte eventuali offerte di impiego, purché le stesse siano effettivamente compatibili con la carriera lavorativa pregressa del soggetto e con le competenze, formali o informali, in suo possesso;
si ritiene altresì utile fissare un salario minimo orario e riordinare gli ammortizzatori sociali e la spesa assistenziale in genere, allo scopo di rendere l’insieme del welfare italiano coerente con la nuova misura di garanzia dei minimi vitali;
da troppo tempo l’Italia aspetta risposte e forme di regolamentazione nuove, adatte a fornire tutela al cittadino nell’epoca della crisi e della tosi detta «produzione flessibile». Da troppo tempo il nostro Paese attende che vengano corrette le drammatiche carenze di un sistema di protezione sociale incapace di offrire tutele adeguate ai soggetti più esposti ai rischi di esclusione sociale, giovani, donne e lavoratrici e lavoratori precari primi fra tutti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative anche legislative al fine di introdurre nel nostro Paese il reddito minimo garantito secondo le indicazioni contenute in premessa.

9/2433/14. Costantino, Di Salvo, Airaudo, Paglia, Lavagno.