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Perché Villa Sant’Urbano, confiscata alla mafia, è in mano ai privati? La mia interrogazione al Mibact

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Interrogazione a risposta scritta 4-14397

COSTANTINO, RICCIATTI, DURANTI, CARLO GALLI, KRONBICHLER e NICCHI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell’interno . — Per sapere – premesso che:
dopo 8 anni, nell’ottobre del 2013 la Corte di cassazione ha stabilito di procedere con la confisca completa di tutti i beni appartenenti a Danilo Sbarra, il costruttore romano referente di Cosa Nostra, della Camorra e della banda della Marranella, morto nel 2006, che per anni e anni ha riciclato i fondi della criminalità organizzata, proteggendo il suo impero tramite un intricato sistema di prestanomi;
la confisca ha riguardato quarantanove immobili, tra cui la Villa Sant’Urbano nel parco della Caffarella, sull’Appia Pignatelli, appartamenti e negozi a Sabaudia, a Vieste e in Sardegna, le quote maggioritarie (e in caso minoritarie) di nove società fittizie, per un valore complessivo di quaranta milioni di euro;
testualmente, la sentenza recita: «Tutte le eccezioni formulate dai difensori sul punto dell’ineseguibilità della misura di prevenzione patrimoniale, devono intendersi superate, in quanto Danilo Sbarra, seppur assolto dal 416-bis (l’associazione di stampo mafioso) è ritenuto soggetto di pericolosità sociale per i suoi rapporti qualificati con esponenti illustri di associazioni di stampo mafioso, finalizzati al reinvestimento di denaro di provenienza illecita»;
uno degli affari più redditizi in cui il riciclaggio di fondi della criminalità organizzata ha portato alla confisca del bene è stata la villa Sant’Urbano. Danilo Sbarra, amico fraterno di Pippo Calò, boss della mafia soprannominato «il cassiere di Cosa Nostra», compra la maxi struttura immersa nel parco archeologico con tempio annesso, da Domenico Balducci, esponente della Banda della Magliana. «Dopo aver eseguito dei lavori di ristrutturazione con soldi di dubbia provenienza, nel 1991 il comune di Roma decise di acquistare il tempietto staccando un assegno di 4,9 miliardi di lire intestato alla “Erode Attico”, società di Sbarra. Su quella compravendita gli investigatori accesero un faro, perché quell’intera struttura all’Appio presentava diverse irregolarità e fu per questo messa sotto sequestro preventivo», afferma un articolo di Repubblica dell’8 ottobre del 2013;
la difficile trattativa tra l’amministrazione e la Erode Attico portò, nel 1997, il comune di Roma ad avviare le pratiche di esproprio. L’esproprio però non venne mai eseguito. Tre anni dopo la società Erode Attico di propria iniziativa riavvia gli accordi presentando istanza di «cessione volontaria». Una mossa tanto abile quanto lecita che consentì a Sbarra di chiudere la partita riguardante l’area del «Tempio» ma continuando nel resto dell’area la propria attività commerciale di ristorazione all’interno della quale avvenivano riunioni della malavita; tutta l’area, appunto, viene confiscata con la sentenza della Corte di Cassazione nel 2013;
i cittadini residenti e il municipio VIII, spingendo verso un protocollo d’intesa con la Soprintendenza, e convinti della necessità di valorizzare l’intera area e compresa la Villa che nel frattempo era in gestione di privati (inserita nel parco regionale dell’Appia Antica), piuttosto che il solo Tempio di Sant’Urbano, hanno chiesto all’allora sindaco Ignazio Marino «di lavorare per annettere al patrimonio comunale la villa adiacente, per strappare al privato un’area importantissima del Parco della Caffarella, tutta da indagare e studiare e che potrebbe svelare, attraverso indagini archeologiche, il passato di quello che era il tempio di Cerere e Faustina»;
nel maggio del 2016 si viene a sapere che il comune di Roma non ha esercitato il diritto di prelazione su villa Sant’Urbano. Ciò significa che la villa non è stata acquisita dal patrimonio capitolino, e che l’asta è stata vinta da una società, dopo l’asta aperta ai privati e su cui, appunto, il comune non ha posto il suo diritto prelazione nonostante l’opposizione del municipio VIII e benché la Soprintendenza avesse dichiarato che era già previsto un piano per l’utilizzo della villa –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, come intenda ovviare, per quanto di competenza, alla perdita di un bene che, in quanto confiscato, dovrebbe essere aperto al pubblico e utilizzato a finalità sociali, e come, soprattutto, intenda procedere rispetto alla tutela e alla valorizzazione di Villa Sant’Urbano, in quanto area fondamentale per ottimizzare i lavori di recupero e riqualificazione dell’intera area artistica dell’antico tempio della Caffarella, dedicato a Cerere e Faustina. (4-14397)

Per monitorare la risposta on line: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/14397&ramo=CAMERA&leg=17