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Celeste Costantino su voto di fiducia a #DLviolenzastadi e protezione internazionale

Questo Governo si è caratterizzato – come abbiamo detto più volte – per le continue decretazioni d’urgenza e le conseguenti fiducie. Dico conseguenti perché ormai in maniera sistematica questo esecutivo ripropone sempre lo stesso schema: costruisce pacchetti di provvedimenti con dentro le cose più diverse, priva della discussione il Parlamento, non permette di agire gli strumenti per modificare i decreti e in nome di una finta urgenza annienta o tenta di annientare il senso che per molti di noi che stanno qui, ha ancora il fare politica.

Questa volta è il turno della violenza negli stadi e della protezione internazionale d’altronde come non vedere lo imstretto legame che intercorre tra un tifoso violento e un richiedente asilo. Eh già siamo veramente dei folli a non cogliere le numerose analogie fra questi due soggetti. Ma si sa noi della sinistra arretrata e ideologica ci attacchiamo a tutto, ce lo diceva anche qualcun’altro speriamo di non sentire utilizzate su di noi altre categorie di berlusconiana memoria come per esempio “l’odio”.

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Roma, politica in ritardo: l’abbandono provoca razzismo. Welfare e servizi per disinnescare la bomba. #torpignattara #corcolle

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Gli assalti ai bus, le aggressioni agli immigrati, le ronde e la giustizia fai da te degli abitanti, la solidarietà al rovescio. E i rifugiati rinchiusi nei centri d’accoglienza perché rischiano pestaggi. A Roma è pieno allarme sociale e la tensione è alta in tantissime zone: da Corcolle a Torpignattara, passando per Pigneto e Centocelle.

Qualche notte fa – in una delle vie di Tor Pignattara – Khan, giovane pakistano di 28 anni senza fissa dimora, è stato pestato a morte da Daniel, ragazzino di 17 anni. Domenica e lunedì a Corcolle è andata in scena una vera e propria guerriglia urbana: sassi contro i bus, le aggressioni in pieno giorno, il Cara presidiato dalla polizia, tre nigeriani picchiati da una cinquantina di persone e le provocazioni di “alcune teste rasate” come denunciano le cronache. Sono gli l’ultimi avvenimenti in ordine temporale di una escalation di violenza che in queste settimane sta infiammando un’area sempre più grande, che va dal Pigneto a Centocelle.

Il tessuto sociale di una città metropolitana non è di facile analisi; ma ai miei occhi risulta incredibile che questi fatti vengano semplicemente ricondotti a due parole: degrado e insicurezza. Oggi ci sono tante zone “calde” in città, ma nessuno però allarga il campo, cercando di capire da dove arrivano gli interminabili flussi di sostanze stupefacenti, prima origine del controllo del territorio da parte delle mafie. La droga non cresce sugli alberi delle periferie; esiste una rete criminale fatta di corruzioni, collusioni e zone grigie, che coinvolge anche e soprattutto i salotti buoni della Capitale.

Molti abitanti del Municipio V l’hanno capito e in queste settimane si sono mobilitati con tanta generosità, inventando nuove occasioni di socialità e riprendendosi strade ormai abbandonate all’incuria e all’ignavia. Hanno organizzato feste, concerti e flashmob come “Mamma Torpigna” per riabbracciare un territorio intero con una lunghissima catena umana.

Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. Tor Pignattara, ad esempio, è stato il teatro di fenomeni di solidarietà al rovescio, come nel caso del corteo in difesa di Daniel, il carnefice di Khan. Un fenomeno che l’opinione pubblica nazionale si è già ritrovata a raccontare in passato banalizzando e semplificando ma fornendo comunque delle coordinate: disagio, povertà, razzismo, mafia. Attribuirli in passato al Mezzogiorno arretrato e compromesso è stato più facile; nella Capitale d’Italia oggi diventa esercizio più faticoso e per certi versi meglio così se lo sforzo può portare ad avvicinarci di più alla verità.

Quante volte a Reggio Calabria, come a Napoli e Palermo, ci si è inorriditi davanti al grido “uno di noi”, quando l’uno – appunto – si era macchiato di un crimine e il “noi” era la comunità che lo proteggeva. La comunità in questo caso è quella di Tor Pignattara, un quartiere abbandonato, lasciato all’incuria. Un quartiere senza mezzi pubblici, attraversato solamente dal trenino a rotaia della Casilina e dal 105 sempre strapieno, non solo nelle ore di punta. Una borgata sempre in piena “emergenza” rifiuti. Un rione in cui chiudono i negozi ma pullulano nuove sale slot e bingo. Alle prese con il ritorno prepotente dell’eroina, della disperazione, dello spaccio. Dove a fatica operano i centri di aggregazione, e insufficienti sono i servizi e le politiche di integrazione.
Dobbiamo lottare anche contro questa arretratezza culturale, fatta di violenza, prepotenza ed ignoranza. La stessa che porta alcuni cittadini a farsi giustizia da soli come nel caso di Corcolle e altri a credere che a Roma non ci sia criminalità organizzata o che esistano mafie buone che, in questa crisi, danno da mangiare a tutti.

Quello che sta accadendo nella Capitale è un fatto gravissimo. La politica e le istituzioni stanno dimostrando di essere in tremendo ritardo: i segnali ci sono da tempo ma sono stati ignorati. Intere periferie romane sono diventate delle polveriere; violente, isolate, senza servizi primari, abbandonate a loro stesse dopo i numerosi tagli dei fondi da parte del Governo. Le istituzioni e il sindaco Ignazio Marino devono reagire immediatamente. Un vertice sulla sicurezza con il prefetto non basta: serve immediatamente un grande piano di politiche di inclusione sociale e di welfare, con il coinvolgimento delle istituzioni municipali (sempre più in difficoltà dopo la spending review degli ultimi esecutivi) e delle associazioni che lavorano nei quartieri più a rischio.

da Il Garantista del 24.09.2014

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Tensione sociale altissima a Roma, il sindaco Marino intervenga. Non solo un vertice sulla sicurezza, ma anche welfare e politiche di inclusione sociale

Bus assaliti: nuova manifestazione abitanti, via immigrati

Gli assalti ai bus, le aggressioni agli immigrati, le ronde e la giustizia fai da te degli abitanti, la solidarietà al rovescio. E i rifugiati rinchiusi nei centri d’accoglienza perché rischiano pestaggi. A Roma è pieno allarme sociale e la tensione è alta in tantissime zone: da Corcolle a Torpignattara, passando per Pigneto e Centocelle.

Quello che sta accadendo nella Capitale è un fatto gravissimo. La politica e le istituzioni stanno dimostrando di essere in tremendo ritardo: i segnali ci sono da tempo ma sono stati ignorati. Intere periferie romane sono diventate delle polveriere; violente, isolate, senza servizi primari, abbandonate a loro stesse dopo i numerosi tagli dei fondi da parte del Governo.

Le istituzioni e il sindaco Ignazio Marino reagiscano immediatamente. Un vertice sulla sicurezza con il prefetto non basta: serve immediatamente un grande piano di politiche di inclusione sociale e di welfare, con il coinvolgimento delle istituzioni municipali (sempre più in difficoltà dopo la spending review degli ultimi esecutivi) e delle associazioni che lavorano nei quartieri più a rischio.

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Lotta alla violenza di genere, partiamo dall’educazione sentimentale nelle scuole. #1oradamore

da Il Garantista – 09.09.2014

Giovani leader europei, in camicia bianca e tutti rigorosamente uomini. Ecco l’immagine della nuova classe dirigente europea. Li ha messi insieme il nostro Presidente del Consiglio Matteo Renzi e si sarà certamente sentito a disagio. Lui, l’amico delle donne. Lui che le tiene al sicuro sotto la sua ala protettrice. Quello che ha fatto la battaglia per far nominare Lady Pesc la ministra Federica Mogherini, ma che nell’occasione la relega a mera presentatrice di un meeting per soli uomini. Quello che ha imposto al suo partito capilista donne per le europee ma che non vuole sancire nella sua riforma della legge elettorale la parità di genere. Lo stesso che si indigna davanti alla violenza sulle donne ma si tiene per sé (senza esercitarla) la delega alle pari opportunità, lasciando in sospeso per tanto tempo i fondi destinati ai centri antiviolenza; strutture che sono andate avanti in questi anni grazie a fondi minimi, e grazie a troppo precariato e volontariato. Per la prevenzione il Governo è riuscito a svolgere una mappatura per niente trasparente, non rispettando né criteri qualitativi né le linee guida della Convenzione di Istanbul, in vigore dal 1° agosto. Il risultato è che verranno finanziati spazi inventati per l’occasione; mentre ai centri che svolgono da anni questa attività andranno solo 3.000 euro all’anno.

Eppure c’è stato un momento non così lontano – appena un anno fa – in cui per la politica questo fenomeno, che il movimento delle donne ha definito “femminicidio”, andava molto di moda; a tal punto da dedicarci fintamente un decreto d’urgenza. Un pacchetto sicurezza che poco aveva a che fare sempre con la famosa Convenzione di Istanbul, votata all’unanimità, che piuttosto incentrava l’azione di contrasto attraverso la prevenzione. In primis nominando nell’art.14 l’introduzione dell’educazione all’affettività nelle scuole.

Allora visti gli annunci estivi sulle linee generali sulla scuola – mentre donne venivano decapitate e investite dai loro amanti e mariti – approfittiamo ancora una volta per indicare o ricordare a Matteo Renzi la proposta di legge, a mia prima firma, sull’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole. L’Italia è l’unico Paese in Europa (oltre alla Grecia) a non avere un’ora del programma settimanale dedicato all’affettività o all’educazione sessuale. La ministra Giannini aveva assicurato, durante una audizione lo scorso aprile, che avrebbe inserito l’educazione all’alterità nei programmi scolastici. Parole a cui non sono seguiti fatti.

“#1oradamore”, come abbiamo provocatoriamente chiamato la campagna di sensibilizzazione, significa formazione per gli insegnanti, perché sappiano affrontare il rapporto con i ragazzi rispettando le differenze, non solo quelle tra maschi e femmine, ma anche culturali e religiose.

Proprio qualche giorno fa Presa Diretta ha dedicato un lungo speciale dedicato alla prostituzione minorile, partendo dall’episodio di cronaca avvenuto nella Capitale. Due ragazzine – 14 e 15 anni – che ricevevano in un appartamento dei Parioli centinaia di uomini adulti. Una storia che somiglia a tantissime altre che continuano ad avvenire anche sotto ai nostri occhi. Sono state definite “baby squillo”, “ragazze doccia” o “lolite”; ma è un fenomeno decisamente più complesso delle definizioni della cronaca giornalistica: riguardano l’utilizzo del corpo come moneta sociale, la mercificazione del sesso, l’immagine delle donne sui media.

Nessuno pensa con l’introduzione dell’educazione sentimentale di strappare alle famiglie l’educazione dei figli, ma un Paese maturo non può commettere l’errore di pensare che tutti gli adolescenti vivano le stesse situazioni familiari: l’esperienza ci racconta come la violenza spesso si annidi proprio tra le mura domestiche.

La scuola è lo spazio in cui i ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo; lì dentro dobbiamo offrire strumenti di lettura dei processi storici, culturali e sociali, per creare una futura cittadinanza consapevole, solidale e aperta alle differenze. Diversi insegnanti attenti e sensibili – da Nord a Sud Italia – dedicano già parte delle loro lezioni a questi temi. Una ulteriore conferma di come il Paese sia più avanti della politica.Processed with VSCOcam with g3 preset