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Ponte di Messina, la mia intervista in onda su Petrolio – Raiuno #Italiaalbivio

Il Governo ha inserito in un allegato del Def un finanziamento di più di un miliardo per la costruzione del Ponte sullo Stretto. Un fatto che abbiamo denunciato la scorsa settimana, senza però ricevere risposte all’altezza da parte dell’Esecutivo: il ministro Lupi ha parlato di “errata lettura” delle tabelle (noi abbiamo dimostrato che i dati forniti sono evidentemente non corrispondenti), il viceministro Nencini ha affermato che ci sarebbero imprenditori stranieri pronti a realizzarlo, il premier Renzi si è chiuso in un assordante silenzio. Reazioni che, se messe insieme, dipingono un quadro a tinte fosche ed evidenziano una realtà: nel braccio di ferro tra Impregilo e Governo ha vinto la multinazionale delle costruzioni.

Ne ho parlato anche a Petrolio su RaiUno, in una puntata dal titolo “L’Italia al bivio”. Abbiamo pagato già 400 milioni per una grande opera che oggi è un bluff e rappresenta solo un danno. La Calabria oggi è la regione più povera d’Europa (dati Svimez), mentre tutto il Sud sconta un grave ritardo sulle infrastrutture (strade, autostrade, ferrovie, altro che ponte..).

Il Governo dica parole chiare. Noi continueremo a denunciare.

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Ponte sullo Stretto, continua il balletto del Governo. Renzi dica parole chiare

Strait_of_Messina_from_DinnammareViceministro Nencini parla di capitali stranieri interessati a realizzazione

Pensavamo di avere archiviato definitivamente il folle progetto del Ponte sullo Stretto e invece continua il balletto delle dichiarazioni sulla sua possibile costruzione. Dopo la nostra denuncia e la risposta pasticciata del Ministero che gioca con le tabelle, il rifinanziamento c’é nella uno ma non nella due, anche il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Riccardo Nencini torna sulla questione Ponte sullo Stretto parlando dell’ipotesi di “capitali stranieri interessati a realizzarlo”.

La partita sul futuro tanto evocata si gioca allora su una scelta: Renzi decida se cedere alle lusinghe e ai ricatti delle grandi imprese o piuttosto rompere quel circolo vizioso tra governi, grandi burocrazie e lobby che condizionano le politiche industriali e dei lavori pubblici del Paese.

L’operazione Ponte, nata nel lontano 1971, infatti è stata soprattutto un pozzo senza fondo di soldi, promesse, clientele e sprechi. La questione che poniamo è semplice, il Ponte si vuole realizzarlo o no? Renzi e il governo prendano una decisione e la comunichino al Paese assumendosene la responsabilità.

Celeste Costantino, Erasmo Palazzotto

Un video della conferenza stampa di ieri in Senato contro il licenziamento dell’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma. Sulle fondazioni lirico sinfoniche abbiamo notato un cambio di passo con l’arrivo del ministro Franceschini. Perché non si è ricorso al decreto Bray per tutelare i lavoratori e le lavoratrici? Aspettiamo ancora le risposte alle nostre interrogazioni.

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#RestiamoVive. Contro il femminicidio servono fondi per i centri antiviolenza e nuovi strumenti di prevenzione

Lunedì scorso, con l’ultima tappa a L’Aquila, ho concluso il mio viaggio nei centri antiviolenza italiani. Dall’inizio della legislatura, infatti, ho attraversato il Paese con #RestiamoVive per conoscere le storie e le operatrici dei centri antiviolenza da Sud al Nord. Ho visto da vicino il lavoro di tantissime operatrici che, tra mille difficoltà in cui si ritrovano ad operare, cercano di essere d’aiuto nel percorso di riappropriazione di sé di tante donne vittime di violenza.

È finito #RestiamoVive, ma il mio impegno continua. Da agosto, con l’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul, l’Italia possiede un quadro giuridico completo contro la violenza maschile sulle donne. Strumento finora completamente ignorato dal Governo.

Il premier Renzi, probabilmente pensa di aver esaurito il proprio compito verso le politiche di genere inserendo alcune donne, le più fedeli tra l’altro, nel suo Governo ma si sbaglia di grosso. I finanziamenti previsti dal cosiddetto “decreto femminicidio”, non ancora erogati, sono stati redistribuiti ad esempio non rispettando né criteri qualitativi né le linee guida della Convenzione. Una gestione poco trasparente che per alcuni mesi ha tenuto addirittura fuori dal conteggio anche storici centri nazionali. Con sorpresa infatti abbiamo scoperto che la Sicilia è piena zeppa di centri antiviolenza peccato non averli sentiti nominare mai prima del decreto.

Il Governo considera centri antiviolenza anche strutture generiche di accoglienza e nuovi centri regionali, senza profili di specificità di genere e che non rispettano standard di qualità europei. Lo diciamo da tempo: non bastano un avvocato e una psicologa per fare un centro antiviolenza. Piuttosto che pensare a potenziare la rete dei centri, il premier si dedica, come Berlusconi, all’introduzione di un nuovo bonus bebè per aiutare le donne: ma il Paese reale, quello che Renzi non conosce, soffre di mancanza di asili e di servizi per l’infanzia. A Reggio Calabria, da ieri retta dal nuovo sindaco Giuseppe Falcomatà, ad esempio, migliaia di bambini sotto i tre anni non possono accedere ad uno dei servizi essenziali per l’educazione dei bambini. Ciò perché manca una vera visione del futuro ed un Piano nazionale Asili.

Per quanto riguarda la prevenzione della violenza di genere, da tempo mi impegno per far discutere in Parlamento la proposta di legge, a mia prima firma, sull’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole. Unico Paese l’Italia, insieme alla Grecia, a non prevederla nel proprio ordinamento scolastico. Dedicare un’ora del programma settimanale all’affettività, incrociando l’educazione sessuale e l’educazione civica. Tanti insegnanti sensibili stanno già dedicando parte delle loro lezioni ai temi della diversità, delle differenze e della demolizione degli stereotipi di genere. Ciò rappresenta una ulteriore conferma di come il Paese sia più avanti della politica. Ora serve sistematizzare gli esempi virtuosi e creare un percorso istituzionale chiaro. Governo e Parlamento sono pronti a questo passo? Sembrerebbe proprio di no.

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