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La Calabria abbandonata dalle infrastrutture. Migliaia di posti di lavoro persi, la mia interrogazione

infrastrutture calabria
Interrogazione a risposta scritta 4-15879
COSTANTINO, FRATOIANNI e PLACIDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti . — Per sapere – premesso che:

il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito dei rilievi mossi dalla Corte dei conti, che avrebbe rilevato carenze nel progetto di realizzazione del 3o megalotto della strada statale 106 tra Sibari e Roseto Capo Spulico – compreso fra l’innesto con la strada statale 534 (chilometro 365+150) fino a Roseto Capo Spulico (chilometro 400) – ha ritirato la delibera Cipe che assegnava le risorse necessarie all’avvio dei cantieri;
l’opera è inserita nel 1o programma «infrastrutture strategiche» delibera Cipe n. 121 del 2001 legge obiettivo n. 443 del 2001;
l’inserimento dell’infrastruttura nell’intesa generale quadro – «accordo di programma per il sistema delle infrastrutture di trasporto nella Regione Calabria» risale al maggio 2002 e la si indica come autostrada Jonica E90 Lecce-Taranto-Sibari-Reggio Calabria, intervento inserito a sua volta nel piano decennale ANAS 2003-2012 e di investimento ANAS 2007-2011;
l’aggiudicazione provvisoria risale al dicembre 2010, aggiudicatarie sono le imprese ASTALDI-IMPREGILO per 791 milioni, il tutto rimane impantanato a causa di una clausola della delibera Cipe 103 del 2007 dove gli stanziamenti a favore vengono subordinati all’assegnazione di tutte le altre coperture (primi 154 milioni di euro legge obiettivo), il costo complessivo totale è di 1.234 milioni di euro, sono del 2008 ulteriori 535 milioni di euro dalla legge obiettivo, la restante somma di euro 536 dai fondi FAS non sono mai arrivati a destinazione, bloccando l’aggiudicazione della gara;
l’appalto viene definitivamente aggiudicato agli inizi del 2012 grazie alla delibera Cipe del dicembre 2011 che eliminava la clausola sulle coperture, il 60 per cento ad Astaldi ed il restante 40 per cento ad Impregilo. La copertura però non è totale ma di 964,4 milioni di euro su un totale complessivo del costo di 1.165 di euro;
la gara, di tipo «general contractor», prevedeva il progetto su bando preliminare, e per come previsto le imprese avrebbero dovuto completare la progettazione prima dell’avvio dei lavori, durata prevista: 7 anni ed 8 mesi, elaborazione progetto: 15 mesi, fase di costruzione: 6 anni e 5 mesi. L’opera doveva essere consegnata entro la fine del 2019;
ANAS riceve il progetto dal contraente generale nel giugno 2013, le verifiche si concludono nel novembre 2013 ed il progetto viene approvato, ma l’approvazione definitiva del progetto al Cipe avverrà solo nell’agosto 2016 per una parte del finanziamento (pari a soli 276 milioni di euro), dichiarando nel comunicato a seguito della deliberazione di approvare la restante somma di euro 842 milioni in tempi brevi, ma non è mai successa;
la restante parte della lunghissima e travagliata storia del 3o macrolotto è dei giorni scorsi, quando la Corte dei conti ha sollevato rilievi che hanno di fatto indotto il Ministero interrogato a ritirare la delibera;
questa infrastruttura, strategica ed indispensabile se partita nei tempi indicati avrebbe dato fiato alla perdurante e grave crisi economica della Calabria ed in particolare alla provincia di Cosenza e alla Cassa edile cosentina, permettendo un incremento degli occupati, sia nel settore edile diretto, che nell’indotto;
tale situazione ha di fatto innestato una pericolosa spirale di sfiducia verso le istituzioni, sempre più lontane dalla realtà vissuta dai lavoratori e dalle loro famiglie, costrette ad accettare condizioni di lavoro modeste o per niente dignitose oppure a lasciare la Calabria –:
come intenda il Ministro interrogato motivare il ritiro del progetto del 3o megalotto e come intenda procedere per garantire i posti di lavoro che, se il cantiere fosse partito nei tempi previsti, si sarebbero aggirati intorno a oltre 3.000 addetti fra dipendenti diretti ed indotto. (4-15879)

http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/15879&ramo=CAMERA&leg=17

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La mia interrogazione sul suicidio avvenuto a Regina Coeli

Suicidio regina coeli

Interrogazione a risposta scritta 4-15744

COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell’interno, al Ministro della salute . — Per sapere – premesso che:
il 24 febbraio 2017 il ventiduenne Valerio G. si è impiccato con un lenzuolo alla grata del bagno di Regina Coeli, dove era detenuto, nella seconda sezione, al terzo piano, dove sono detenute altre 167 persone;
il giovanissimo Valerio era recluso per resistenza, lesioni e danneggiamento, ma in realtà era stato collocato presso il carcere Regina Coeli dopo essere scappato alcune volte dalla Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), vera e propria struttura sanitaria che ha sostituito l’ospedale psichiatrico giudiziario;
le Rems sono strutture sostitutive previste dalla legge n. 81 del 2014, che avrebbe dovuto stabilire la chiusura definitiva per la fine di marzo di due anni fa degli ospedali psichiatrici giudiziari – che in tutto il territorio nazionale sono 23; si tratta di una legge che, per gli interroganti, senza le adeguate correzioni e strategie di bilancio sarà di difficile applicazione;
dall’inizio del 2017 dieci sono i detenuti che si sono tolti la vita dietro le sbarre. Solo il giorno prima del caso di Regina Coeli un detenuto di 43 anni si era tolto la vita presso il carcere Dozza di Bologna. Nel 2016 sono avvenuti 39 casi di suicidio mentre, dal 2000 ad oggi, in tutto sono 937 le persone che si sono tolte la vita nelle carceri italiane;
Regina Coeli, similmente alla maggior parte delle prigioni italiane, ha un sovraffollamento di più di 289 detenuti: dovrebbero essere 622, oggi sono invece 911;
Patrizio Gonnella dell’Associazione Antigone e Stefano Cecconi della Campagna Stop Opg, affermano a gran voce che «Non si cura mettendo le persone dietro le sbarre, ma [le stesse] si affidano al sostegno medico, sociale, psicologico dei servizi del territorio. Se un ragazzo va via da una Rems non si deve parlare di evasione. Non si butta una vita in galera»;
al 31 luglio 2016 restano attivi 2 ospedali psichiatrici giudiziari, Aversa e Montelupo Fiorentino, con un totale di 58 persone;
l’applicazione della nuova normativa tende a sostituire semplicisticamente gli ospedali psichiatrici giudiziari con le Rems, ma lo spirito della legge n. 81 del 2014 non è quello, in quanto «l’Opg è sostituito non dalla REMS ma dall’insieme dei servizi sanitari e sociali del territorio dei quali fa parte il Dipartimento di salute mentale e al suo interno opera come struttura specializzata, la REMS» –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, considerata l’annosa questione del trattamento carcerario e del strutturale sovraffollamento delle carceri italiane e quella che per gli interroganti risulta la scorretta sostituzione degli ospedali psichiatrici giudiziari con le strutture delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, non intendano avviare le opportune verifiche sugli avvenimenti di Regina Coeli e sulle condizioni di vita nelle strutture detentive e quali iniziative di competenza intendano assumere per garantire e potenziare strutture che gestiscano rapporti di cura in raccordo con la giustizia, costituendo una cabina di regia a livello nazionale, viste le forti differenze tra le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza di tutta Italia. (4-15744)

http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/15744&ramo=CAMERA&leg=17

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Interrogazione sulla morte di Amadou Diarrà avvenuta nel CIE di Vibo Valentia

cie vibo
Interrogazione a risposta scritta 4-15584

 

COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell’interno . — Per sapere – premesso che:
il 15 febbraio 2017, a Vibo Valentia, presso il centro di accoglienza situato all’Hotel Lacina di Brognaturo, un migrante malese di 24 anni è deceduto in una rissa scoppiata, pare, per futili motivi;
il ragazzo, Amadou Diarrà, è morto dissanguato durante l’intervento chirurgico che avrebbe cercato di salvarlo, a causa di gravi ferite riportate all’addome dopo essere stato scaraventato contro una porta a vetri del centro di accoglienza;
nella tarda mattinata la polizia aveva già fermato il presunto colpevole, Moussa Traore, anche lui giovanissimo e connazionale della vittima. A Traore viene contestata l’accusa di omicidio preterintenzionale;
entrambi i giovani erano ospiti della struttura dal 6 dicembre 2016;
la situazione di abbandono, in alcuni casi di degrado, di molti centri di accoglienza crea un clima esplosivo che, come si sa dalle cronache, sfocia in violenze, a volte anche gravi. Vi sono persone non accusate di alcun reato che vi si trovano per essere identificate ed espulse, spesso senza un adeguato sostegno psicologico, in altri casi, come si è visto dalle recenti cronache sempre in Calabria, gli ospiti delle strutture non ricevono neppure i servizi essenziali che consentano un minimo livello di dignità;
il piano di rafforzamento di queste strutture delineato dal Ministero dell’interno, dopo le numerose verifiche rispetto al fallimento di questi luoghi, emerse anche dall’attività della Commissione parlamentare di inchiesta sui centri di accoglienza, alla luce degli incidenti che avvengono al loro interno, non è spiegabile –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e come intenda verificare, per quanto di competenza, le eventuali responsabilità del centro di accoglienza situato presso l’Hotel Lacina di Brugnaro e la relativa efficienza. (4-15584)

http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/15584&ramo=CAMERA&leg=17

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L’interrogazione di Sinistra italiana sull’irruzione della polizia nella biblioteca universitaria di Bologna

Bologna

INTERROGAZIONE DI SINISTRA ITALIANA AL MIUR E AL MINISTERO DELL’INTERNO A SEGUITO DEI GRAVISSIMI FATTI AVVENUTI ALL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA:

Premesso che

In data 23 gennaio 2017 l’Università di Bologna dispone presso la sala studio di Lettere di via Zamboni 36 l’installazione di porte a vetro apribili tramite badge disponibile a studenti e addetti dell’Ateneo, nonché di una telecamera che registri gli ingressi.

Tale decisione deriva ufficialmente dalla volontà di prolungare l’orario di apertura dalle 22 alle 24, impedendo l’accesso ad esterni come misura di sicurezza contro lo spaccio di stupefacenti.

Alcuni collettivi studenteschi contestano apertamente la scelta, ritenuta lesiva della libertà di frequentazione degli spazi pubblici universitari.

Non si riesce evidentemente ad attivare un dialogo proficuo, e la tensione cresce progressivamente, fino a quando gli stessi collettivi in data 8 febbraio provvedono a smontare per protesta le barriere, portandone i resti materiali al rettorato.

A seguito di tale evento, il rettorato dispone la chiusura della sala studio.

Cominciano proteste ulteriori e nella mattinata del 9 febbraio i collettivi provvedono quindi a forzare la porta, rendendo accessibile l’edificio che durante la giornata viene regolarmente frequentato da studenti.

Nel tardo pomeriggio intervengono le forze di polizia in assetto antisommossa e penetrano dentro la sala studio.

Seguono confusione e scontri all’interno che producono la devastazione dello spazio, evidentemente non consono a una simile dinamica.

Gli scontri proseguono poi nelle vie limitrofe, impegnando almeno un centinaio di manifestanti e le forze dell’ordine.

Chiede

Se ritenga legittima e opportuna l’installazione di barriere all’ingresso di una sala studio e biblioteca, che ne rendono oggettivamente più difficile la frequentazione.

Se ritenga sia stato messo in campo il dialogo necessario a stemperare la tensione che evidentemente si era venuta a determinare nei giorni scorsi.

Se risulti che le forze di polizia siano intervenute presso la sala studio di via Zamboni 36 su richiesta del rettorato e nel caso se ritenga che tale richiesta sia condivisibile.

Perché le forze di polizia abbiano adottato metodi tanto aggressivi in un luogo così palesemente inadatto, tanto dal punto di vista della funzionalità quanto del carico simbolico, anche considerando che al momento dell’intervento la sala risultava frequentata da studenti.

Giovanni Paglia, Nicola Fratoianni, Celeste Costantino

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