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Iniziata la “caccia al nigeriano”? La mia interrogazione al Ministero dell’Interno

minniti
Interrogazione a risposta scritta 4-15463

COSTANTINO, FRATOIANNI, PALAZZOTTO e MARCON. — Al Ministro dell’interno . — Per sapere – premesso che:
il 26 gennaio 2017 le questure di Roma, Torino, Brindisi e Caltanissetta hanno ricevuto una circolare diramata dal direttore centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, Giovanni Pinto, con l’oggetto «Audizioni e charter Nigeria»;
con la circolare si intende avviare, in accordo con l’ambasciata della Nigeria, il rimpatrio di «sedicenti cittadini nigeriani» irregolari che si trovano sul territorio italiano, obiettivo che si realizza tramite un volo charter in Nigeria;
le questure sollecitate devono perciò dal 26 gennaio al 18 febbraio 2017 riservare presso i loro Centri di identificazione ed espulsione, 50 posti per donne e 45 posti per uomini, 95 persone che, in seguito alle audizioni svolte dal personale dell’ambasciata, verranno poi rimpatriate. Qualora nei Centri di identificazione ed espulsione sopracitati non ci fosse spazio la circolare spiega che si può ricorrere ad «eventuali dimissioni anticipate (…) nell’immediato e senza eccezione alcuna (…) sino a esaurimento delle aliquote assegnate» di altri cittadini irregolari trattenuti nelle strutture; vengono disposti inoltre «mirati servizi finalizzati al rintraccio di cittadini nigeriani in posizione illegale»;
la circolare non fornisce spiegazioni su come dovranno essere svolti questi servizi (parla infatti di intese che le questure dovranno prendere con la direzione centrale), ma, vista la priorità e la frettolosità dell’operazione, lascia intendere l’avvio di una vera e propria «caccia al nigeriano»;
i ristrettissimi tempi con cui dovrà essere completata l’operazione fanno credere che le audizioni per la verifica dei requisiti saranno sommarie e sbrigative;
la Nigeria è un Paese colpito da una crisi umanitaria di proporzioni enormi, un Governo sospettato di essere stato eletto in seguito a brogli, martoriato dalle incursioni terroristiche di Boko Haram, che 2009 ha ucciso più di 20 mila persone e sequestrato altre centinaia, motivo per cui le organizzazioni che tutelano i rifugiati, tra cui l’UNHCR, hanno dichiarato che i respingimenti dei nigeriani che scappano dal Paese infrangono i diritti di protezione internazionale;
a questo si aggiunga la drammaticamente nota situazione riguardante il traffico ormai accertato di donne nigeriane vittime di tratta che arrivano in Italia per il mercato della prostituzione;
Italia e Nigeria hanno stipulato, nel febbraio 2016, un accordo che prevede collaborazione per rimpatri dei migranti nigeriani;
nel frattempo, la politica di riapertura e rafforzamento dei Centri di identificazione ed espulsione è fortemente sostenuta dal Governo italiano –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, viste le numerose violazioni di norme interne ed internazionali sul trattamento dei rifugiati, non ritenga di dover assumere iniziative per sospendere immediatamente l’operazione di cui alla circolare del direttore centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere. (4-15463)

http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/15463&ramo=CAMERA&leg=17

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Perché un residence in cemento a Capo Colonna? Perché il Ministero dei beni culturali non fa rispettare i vincoli paesaggistici? La mia interrogazione

capo colonna
Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-15208

COSTANTINO, DURANTI, RICCIATTI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, PANNARALE e SANNICANDRO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare . — Per sapere – premesso che:
Capo Colonna, in provincia di Crotone, in località Torre Scifo, ospita l’ultima delle 48 colonne doriche che costituivano il tempio di Hera Lacinia;
il sito, edificato nel VI secolo a.C., è molto suggestivo per la sua posizione strategica lungo le rotte marittime che univano Taranto allo Stretto di Messina e fu uno dei santuari più importanti della Magna Grecia;
il titolo V della legge 31 dicembre 1982, n. 979, che ha previsto la costituzione lungo le coste italiane di 20 riserve marine, tra le quali quella di «Capo Rizzuto», una riserva naturale che interessa l’area marina costiera antistante i comuni di Crotone e Isola Capo Rizzuto, lungo la quale, c’è il tratto da Torre Scifo verso località Alfiere, recita testualmente: «Le riserve marine sono costituite da ambienti marini dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora ed alla fauna marina costiera e per l’importanza scientifica, ecologica, educativa ed economica che rivestono»;
in quest’area paesaggisticamente vincolata è sorta una struttura alberghiera composta da 79 bungalow per una ricezione di 237 ospiti, cui s’aggiungono un ristorante in via di realizzazione che appare in netto contrasto con l’edilizia circostante e un gioco d’acqua per bambini che diventa (in caso d’orticaria per l’acqua che qui è più salata che altrove) un’enorme piscina di 4 metri e mezzo di profondità, fronte mare, a ridosso del demanio; nel 2006, gli imprenditori e fratelli Scalise, promuovono su un terreno agricolo che da piano regolatore consente attività agrituristica la realizzazione di un «camping» presentato come strutture leggere amovibili che di fatto diventano villaggio turistico;
gli sbancamenti per i lavori iniziano nel 2013, una sanatoria concessa dalla regione nel 2015 e il paesaggio visibilmente alterato, all’interno della riserva marina di Capo Rizzuto in una baia che custodisce 2 relitti romani tra cui il relitto Orsi, un cantiere a ridosso d’una masseria del ‘700, a pochi metri dalla Torre d’avvistamento Lucifero del ’600, in uno dei rari tratti di costa calabrese finora intatto. Con l’aggravante che questa operazione si tradurrà nella cementificazione di Capo Colonna (http://www.ilfattoquotidiano.it);
nonostante la mobilitazione di associazioni ambientaliste locali e della cittadinanza, ad oggi le sole opere visibili sono piattaforme di cemento, e sbancamenti, nonostante la Soprintendenza dichiari che i lavori sono stati già svolti. Il rischio è perciò è quello di un’accelerazione dei lavori, così come richiesto dall’avvocato degli Scalise che li difende nella battaglia contro i vincoli paesaggistici, Domenico Grande Aracri, fratello di Nicolino al vertice della cosca di Cutro, protagonista dell’operazione Aemilia condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Bologna –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e come intendano tutelare, per quanto di competenza, il patrimonio culturale e ambientale, garantendo la piena applicazione della legge sulle riserve marine e i vincoli paesaggistici di Torre Scifo. (4-15208)

Il link all’interrogazione: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/15208&ramo=CAMERA&leg=17

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Cosa è successo a Youssef Mouhcine, morto suicida nel carcere di Paola a qualche giorno dalla sua scarcerazione? La mia interrogazione

carcere
Interrogazione a risposta scritta 4-14951

COSTANTINO, MARCON, DURANTI, RICCIATTI, AIRAUDO, MELILLA, CARLO GALLI, PLACIDO e PANNARALE.

Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale . — Per sapere – premesso che:
la notte tra il 23 e il 24 ottobre 2016 Youssef Mouhcine, 31 anni, marocchino, si suicida nella casa circondariale di Paola, in provincia di Cosenza, inalando il gas di una bomboletta che aveva in dotazione, avvolgendosi la testa in un sacchetto di plastica, a 15 giorni dalla sua scarcerazione;
i familiari di Mouhcine vengono avvertiti, a tumulazione avvenuta a spese dell’amministrazione, tramite telefonata che li raggiunge a Casablanca in Marocco, solo alcuni giorni dopo il decesso, il 27 ottobre, dove risiedono, nonostante la legge sull’ordinamento penitenziario n. 354 del 1975 (articolo 29, comma 2) ed il relativo regolamento di esecuzione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 (articolo 63, comma 1) preveda che, in casi del genere, debba esserne data immediata notizia ai familiari con il mezzo più rapido e con le modalità più opportune;
la famiglia non può perciò riavere il corpo per seppellirlo in Marocco con il tradizionale rito islamico, come essa stessa aveva richiesto, nonostante l’ordinamento penitenziario (articolo 44, comma 3) ed il regolamento di esecuzione (articolo 92, comma 7) preveda che la salma debba essere messa immediatamente a disposizione dei congiunti e che questa venga sepolta dall’amministrazione nel caso in cui i congiunti non vi provvedano;
il pubblico ministero della procura di Paola aveva disposto l’esame autoptico sulla salma del detenuto affidato ad un medico legale;
Mouhcine, secondo quanto riferito dai familiari, nel corso della sua detenzione a Paola, sarebbe stato sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, essendo stato allocato in una cella liscia e costretto a dormire per terra sul pavimento; egli, infine, riferiva di aver subito non meglio definiti «maltrattamenti» e che non gli veniva consentito di intrattenere, con regolarità, corrispondenza telefonica con la sua famiglia;
sul decesso di Mouhcine il consolato generale del Regno del Marocco di Palermo ha chiesto delucidazioni in merito alla direzione della casa circondariale di Paola, su sollecitazione dei familiari. Ancora nessuna risposta è stata fornita dalla direzione;
nella stessa casa circondariale, nei mesi scorsi, è morto il detenuto Maurilio Pio Morabito, reggino di 46 anni, anche lui in prossimità del fine pena; il detenuto, nonostante avesse già compiuto atti autolesionistici e posto in essere gesti autosoppressivi, era stato allocato in una cella liscia nel reparto di isolamento, ove si sarebbe impiccato con una coperta alla grata della finestra; su tale fatto, la procura della Repubblica di Paola ha avviato un procedimento penale, al momento nei confronti di ignoti;
nella casa circondariale di Paola, alla data del 31 ottobre 2016, a fronte di una capienza regolamentare di 182 posti, erano ristretti 218 detenuti (36 in esubero), 84 dei quali stranieri; nell’istituto, come più volte denunciato dai Radicali italiani all’esito di alcune visite effettuate, non vi sono mediatori culturali, nonostante la rilevante presenza di stranieri –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
con quale modalità fosse garantita la sorveglianza all’interno dell’istituto e se fosse presente il medico penitenziario al momento del decesso;
per quali motivi i familiari di Mouhcine non siano stati tempestivamente avvisati dell’avvenuto decesso e perché l’istituto abbia provveduto a spese dell’amministrazione alla sepoltura del detenuto straniero presso il cimitero di Paola e se, per tutti questi motivi, non si ritenga opportuno adottare opportune iniziative disciplinari nei confronti del direttore;
se nella casa circondariale di Paola, alla data odierna, vengano ancora utilizzate «celle lisce» così come recentemente attestato da una visita effettuata da una delegazione di Radicali italiani. (4-14951)

Il link all’interrogazione: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/14951&ramo=CAMERA&leg=17

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La mia interrogazione sullo spacchettamento dei servizi del Centro Donna di Venezia

centro_donna
Interrogazione a risposta scritta 4-14960

COSTANTINO, MARCON, RICCIATTI, DURANTI, AIRAUDO, MELILLA, CARLO GALLI, PLACIDO e PANNARALE.

Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere – premesso che:
il Centro donna di Venezia rappresenta il luogo simbolico e reale della presenza delle donne nella città e della loro cittadinanza attiva. Ha organizzato in questi anni centinaia di iniziative nelle scuole, nei quartieri e nel territorio, volte a combattere le discriminazioni e la misoginia e ad affermare il valore della differenza sessuale. Il Centro donna infatti ha rappresentato in tutti questi anni un’esperienza profondamente innovativa e di avanguardia nel rapporto tra istituzioni e cittadinanza, che è diventato un modello a livello nazionale ed europeo e ha fatto di Venezia per eccellenza una «città delle donne»;
la delibera istitutiva del 19 dicembre 1988 e successive integrazioni lo riconosce come «luogo di elaborazione politica e culturale autonoma e separata delle donne» e prevede l’organizzazione di tre servizi unitari e coordinati: il Centro donna con la biblioteca, il Centro antiviolenza, l’Osservatorio donna, a cui si è aggiunto in seguito il Centro donna multiculturale;
la delibera di giunta n. 278 del 27 settembre 2016 «Riorganizzazione del Comune di Venezia — Attuazione seconda fase» nei fatti avvia lo «spacchettamento» dei tre servizi, attraverso la separazione di «funzioni e servizi» che afferiscono a due diverse direzioni — cultura e coesione sociale — facendo venir meno in tal modo la fondamentale ed essenziale unitarietà, mentre la delega alla cittadinanza delle donne risulta svuotata e solo nominale, eliminando anche la figura istituzionale della referente, fondamentale per garantire la coesione del progetto e l’indispensabile mediazione con la pluralità dei gruppi e delle istanze delle donne;
se è vero che separare i tre servizi non voglia dire chiuderli, è anche vero che la loro disconnessione spoglierebbe questo decennale progetto della sua specificità. Facendo passare la biblioteca di genere al sistema bibliotecario comunale (divenendo una biblioteca tra le tante e perdendo ogni specificità) e conglobando il Centro antiviolenza al Referato alle politiche sociali, e perciò staccando in pratica la biblioteca dal Centro antiviolenza e privandoli di un’unica direzione che si è dimostrata vincente e inclusiva, si perde un’esperienza decennale gestita dalle donne per le donne –:
se i Ministeri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, visto il rilancio delle politiche di genere promosso dal Governo di questi ultimi mesi, come si intendano tutelare e valorizzare, per quanto di competenza, questo tipo di esperienze, anche e soprattutto sullo slancio della Convenzione di Istanbul, che lega imprescindibilmente il contrasto della violenza di genere alla cultura. (4-14960)

Il link all’interrogazione: http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/14960&ramo=CAMERA&leg=17