23404_428298413908420_1105249189_n
Articolo

Le “nuove carceri” e la legge del taglione

cellaOggi in aula prosegue la discussione sulle pene detentive non carcerarie. Mentre la Corte Europea dei Diritti umani continua a bacchettare l’Italia per i trattamenti disumani e degradanti in relazione allo stato delle carceri, nel nostro parlamento avviene un dibattimento surreale, straniante. Ed anche esasperato dalle posizioni che purtroppo conosciamo bene e che tanto male hanno fatto al nostro Paese: in primo luogo quelle della Lega Nord, poi quelle del Movimento 5 stelle che oggi si è svelato all’opinione pubblica.

Proprio sulle carceri infatti è venuta fuori con tutta la sua violenza la natura della loro cultura politica che, oggi più che mai, è caratterizzata da un atteggiamento e approccio forcaiolo e giustizialista.

Così, chi dopo il risultato elettorale si affannava ad individuare nel M5s la nascita di una nuova sinistra dovrebbe ricredersi in maniera definitiva. I parlamentari del Movimento di Grillo considerano il carcere come un luogo di vendetta e nella loro analisi non tengono conto del numero di tossicodipendenti e di emigrati detenuti a causa di due leggi vergognose: la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, che hanno prodotto scientificamente una situazione di sovraffollamento insostenibile unito alla realizzazione concreta del fallimento del principio di rieducazione della pena.[Read more]

Articolo

Ministero delle Pari Opportunità: perché è utile sul piano simbolico e materiale

Assemblea Nazionale del PD

da La27ora – Corriere.it

Signor Presidente del Consiglio,
l’attribuzione della delega alle Pari opportunità alla viceministra del Lavoro è un passo indietro, una “non scelta” come ha scritto Barbara Stefanelli sul Corriere. Questo Ministero, voluto dal Governo Prodi nel 1996, aveva sancito un punto: esiste in Italia una discriminazione di genere. Da allora che cosa è cambiato? I più dicono che questo Ministero non è servito a niente, altri che ne hanno seguito l’evoluzione attribuiscono alle Pari opportunità alcuni provvedimenti significativi. Ma la scelta di non sostituire la Ministra Idem non nasce certo da una valutazione sull’efficacia di quel Ministero che il Presidente del Consiglio aveva riconfermato appena due mesi fa evidentemente confidando nella sua necessità. E in questi due mesi per la verità ci sono ragioni nuove a sostegno dell’utilità del Ministero sia sul piano simbolico che sul piano materiale.

Tra i primi atti di questa legislatura c’è stato quello di approvare all’unanimità, alla Camera e al Senato, la ratifica della Convenzione di Istanbul. Un atto dovuto, ma non scontato, a cui si è arrivati soprattutto grazie alla capacità dei movimenti delle donne di imporre il tema della violenza maschile e del femminicidio nell’agenda politica del Paese. Se il Parlamento ha finalmente preso consapevolezza di questo fenomeno – dei numeri, delle dinamiche e dello stato sociale e culturale in cui tutto ciò si determina – e se aveva appena avviato i suoi lavori la task force voluta dall’ex ministra Josefa Idem, come si può pensare che in una fase così delicata l’atto politico successivo possa essere quello di eliminare il Ministero che più di tutti aveva il compito di monitorare il percorso iniziato attraverso quel voto?

Pertanto, piuttosto che attribuire una delega specifica sul “femminicidio” – come è stato fatto con Isabella Rauti – disconoscendo di fatto la complessità del fenomeno, sarebbe stato necessario mettere nelle condizioni il Ministero delle Pari opportunità di farsi da garante fino in fondo della piena applicazione della Convenzione che investe, e attraversa, tutti gli altri Ministeri: dall’Istruzione al Lavoro, dall’Economia agli Affari sociali. È una scelta incomprensibile, Signor Presidente, nella forma e nella sostanza, nella superficie e nella profondità.

Temiamo che, purtroppo, anche questo passaggio sia stato viziato dalle “larghe intese”, che in questa fase evidentemente non godono di buona salute: non vorremmo cioè che le mancate alchimie politiche prevalessero sul bene comune.

Non siamo portatori di una visione ideologica ma non abbiamo mai creduto a una politica “neutra” delle donne: essere di parte però non ci ha mai impedito di riconoscere, se buono, il lavoro dei nostri avversari politici. Anzi, di recente, attraverso il voto alla nostra mozione sulla piena applicazione della legge 194, abbiamo scoperto il sì del Pdl contro la sorprendente astensione del Pd. A dimostrazione che su certi terreni non si può ragionare con schemi politici predefiniti.

È importante il profilo politico del Ministero delle Pari opportunità e, per questo, avevamo criticato l’accostamento con lo Sport sotto la direzione di Josefa Idem. Mai ci saremmo aspettati, dopo appena tre mesi, di dover chiedere almeno il ripristino di ciò che era stato già acquisito.

di Titti Di Salvo, Celeste Costantino, Gennaro Migliore

947020_490430671028527_1338995538_n
È un giorno di grande amarezza. Abbiamo aspettato tanto per arrivare a questa sentenza di primo grado, che oggi purtroppo ridimensiona sensibilmente le responsabilità dei dodici imputati. In particolare l’assoluzione degli agenti penitenziari e degli infermieri è davvero inspiegabile. Come se Stefano Cucchi fosse morto da solo e non mentre si trovava in loro custodia. Sono passati quasi quattro anni dalla sua morte, e due dalla prima udienza del processo. In aula bunker a Rebibbia ho ascoltato la sentenza accanto alla famiglia Cucchi. Pensavo che la giustizia oggi avesso potuto ridare dignità e verità. A loro in primo luogo, che in questi anni hanno affrontato un processo lungo e difficile, e a tutti quelli che si sono battuti per affermare una realtà che era sotto gli occhi di tutti: Stefano è stato picchiato brutalmente in carcere. E lì è stato fatto morire di stenti.
Continueremo ad essere accanto ad Ilaria e ai genitori di Stefano in questa lotta per la giustizia. Rilanceremo con più forza le proposte di Sel: l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano, le urgenti modifiche al testo unico sugli stupefacenti proponendo pene inferiori per il possesso relativo alle droghe leggere, l’abrogazione della “ex legge Cirielli” su recidiva e prescrizione dei reati, l’abolizione del reato di immigrazione clandestina. Non è più possibile aspettare: serve un progetto per l’inserimento di pene alternative alla detenzione. Lo dobbiamo a Stefano e a chi come lui ogni giorno vive una condizione vergognosa in carcere, non degna di un Paese civile.

COMMEMORAZIONI 25 APRILE FOTOSTUDIO 13

È un atto vigliacco e di chiaro stampo mafioso quello di cui è stata vittima stamattina Carolina Girasole, ex sindaca di Isola Capo Rizzuto. Ignoti hanno appiccato il fuoco a una palazzina di proprietà della sua famiglia, usata per le vacanze estive, danneggiando gli appartamenti al piano terra e rendendo inagibili gli appartamenti al primo piano.

È l’ennesima minaccia intimidatoria nei confronti dell’impegno della sindaca antimafia, non rieletta alle elezioni di domenica e lunedì scorsi, che per cinque anni ha fatto della giustizia sociale e della legalità le precondizioni con cui ha amministrato un comune sciolto per mafia.

Per anni ha subìto minacce, bombe incendiarie davanti al municipio, la sua auto in fiamme. Ma la sindaca non si è mai tirata indietro, provando a contrastare poteri e famiglie mafiose. Durante la sua amministrazione ha confiscato sette terreni alla mafia, che sono diventati orti, sale musica, ostelli, centri agricoli, ovvero presidi culturali e sociali contro le ‘ndrine.

Dopo la sconfitta alle amministrative nei bar hanno brindato: “Qui la mafia non c’è. La sindaca per cinque anni ha ucciso il turismo a forza di parlare di mafie”. Noi pensiamo che questo atto sia l’ennesima conferma della forza e del controllo del territorio da parte della ‘ndrangheta e faremo di tutto per non lasciare sola Carolina Girasole, a cui siamo vicini e solidali.