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Ape sociale, il Ministero corregga le iniquità dei criteri di accesso. La mia interrogazione

PENSIONE

Interrogazione a risposta scritta 4-17716
Martedì 12 settembre 2017, seduta n. 848

COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere – premesso che:
i requisiti richiesti per i correttivi «Ape Sociale» maturati al 2017 sono attualmente: aver compiuto i 63 anni di età, aver versato 30 anni di contributi, certificare lo stato di disoccupazione ed aver concluso un eventuale ammortizzatore sociale da almeno tre mesi;
la ratio della legge in materia è quella di consentire un accompagnamento alla pensione ai lavoratori che, compiuti i 63 anni di età e stante le difficoltà economiche e sociali, difficilmente troverebbero una ricollocazione nel mondo del lavoro;
tuttavia, tale norma sembrerebbe creare una iniqua ed illegittima differenza tra coloro i quali, nelle condizioni sopra citate, si siano trovati a concludere la propria vita lavorativa con un contratto a tempo determinato e coloro i quali abbiano, viceversa, concluso l’attività lavorativa in forza di un rapporto di lavoro indeterminato. I primi, coloro cioè che a 63 anni hanno goduto, come ultima occupazione di un contratto a tempo determinato, stante l’attuale interpretazione della norma, verrebbero ad essere esclusi;
alla data in cui questi lavoratori hanno accettato un lavoro a tempo determinato, la misura dell’«ape sociale» non era stata ancora istituita, dunque, allo stato attuale, verrebbero puniti ingiustamente, perché il legislatore è tenuto a tutelare tutte le forme contrattuali e non una a discapito dell’altra;
molte lavoratrici e molti lavoratori – tanti dei quali non più giovanissimi –, che in molti casi avevano perso il lavoro, non si sono infatti rassegnati, per necessità, a cercare un altro lavoro, e coloro che l’hanno trovato, in forma di contratto a tempo determinato – contratto altrettanto regolare e dignitoso – oggi si trovano penalizzati ed esclusi dai benefici predetti di accompagnamento alla pensione, e solo perché hanno lavorato con un tipo di contratto non contemplata dalla misura di «ape sociale» –:
nessuno di loro poteva sospettare che un giorno, per il solo fatto di essersi ricollocati faticosamente nel mondo del lavoro, avrebbero dovuto rinunciare ai diritti istituiti dall’anticipo pensionistico;
se il Ministro interrogato non ritenga di dover assumere iniziative normative affinché si apportino delle modifiche rispetto ai requisiti riguardanti le forme contrattuali con le quali si potrà ricorrere all’«ape sociale», per ridare dignità ed equità ai lavoratori e ovviando a quella che appare agli interroganti un’ingiustificata disuguaglianza tra lavoratori che potranno ricorrere a questa misura pensionistica. (4-17716)

http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=4/17716&ramo=CAMERA&leg=17